Gino Marinuzzi
Biografia del grande direttore d'orchestra
Profilo biografico
“Un ritratto a carboncino del maestro”
Gino Marinuzzi nacque a Palermo il 24 marzo 1882. Il suo vero nome di battesimo era Giovanni, ma ben presto per tutti fu Gino e tale rimase per tutta la vita. Il padre, l’avvocato Antonio Marinuzzi, era un uomo di grande prestigio nel capoluogo siciliano: se ne ricordano alcune coraggiose battaglie che all’epoca fecero scalpore in difesa della gente povera. Fu inoltre deputato nelle file del Partito Liberale, dimostrando anche nel territorio politico le sue doti di coerenza e di alta rettitudine.
Grande appassionato di musica, Antonio Marinuzzi, non appena fu certo delle notevoli qualità musicali dimostrate precocemente dal figlio, lo affidò nelle sicure mani del Maestro Guglielmo Zuelli, compositore di pregio (una sua opera “La Fata del Nord”, vinse il primo Concorso bandito dalla Casa Editrice Sonzogno, al quale aveva partecipato, senza alcun risultato, anche Giacomo Puccini con “Le Villi”) e all’epoca Direttore del Conservatorio palermitano.
In questo Istituto Gino Marinuzzi studiò con eccellente profitto il pianoforte e la composizione, ottenendo alcuni significativi successi con i suoi primi lavori. D’altronde il giovane musicista si formò in un’atmosfera ideale, propizia alla cultura nonostante i fermenti politici che travagliavano il Paese ed in gran parte la Sicilia: e di quegli anni magici conserverà per sempre un dolce, struggente ricordo, alimentato da qualche breve ritorno nella sua terra.
Il suo esordio nella direzione d’orchestra avvenne nel 1901, in modo del tutto fortuito. L’occasione fu creata non dall’improvvisa indisposizione del direttore d’orchestra in carica, come succedeva sovente, ma dall’insofferenza che questi aveva provocato nei propri riguardi da parte della compagine orchestrale. Chiamato a sostituire il direttore contestato, Marinuzzi, grazie all’entusiasmo ed alla forza di volontà che gli erano congeniali, riuscì a condurre in porto un pregevole “Rigoletto”.
Dopo questa emozionante esperienza, il giovane Marinuzzi volle saggiamente approfondire il proprio bagaglio di conoscenze musicali e, a titolo di esperimento, si recò a Milano, il tempio della musica, dove, a contatto con musicisti, impresari e Case Editrici, ebbe modo di rendersi conto in modo molto realista delle difficoltà che gli si sarebbero presentate nella carriera.
“Il teatro Colon di Buenos Aires”
Accettata la routine dei teatri “minori”, come usava a quei tempi, e rifiutata una pur allettante esperienza al Teatro Colon di Buenos Aires, perché ritenuta prematura, Marinuzzi conobbe la sua prima grande opportunità entrando in contatto (era il 1908) con la parigina Opéra Comique, dove diresse opere di Mascagni e Puccini, sperimentando la diversità di concezione sull’interpretazione musicale e sulla musica in generale che allora divideva il mondo musicale francese da quello italiano.
Dopo una parentesi “pittoresca” al Teatro Real di Madrid, Marinuzzi entrò in contatto con Walter Mocchi, un geniale impresario che lo spinse a trasferirsi nel mondo sudamericano, in quegli anni molto propizio alle opere ed agli interpreti italiani. Al suo debutto in terra argentina, Marinuzzi, esibitosi in un “tour de force” di opere italiane (Ballo in maschera, Wally, Traviata, Aida, Bohème), ricevette accoglienze entusiastiche che si ripeteranno regolarmente tutte le numerose volte che si recherà nei Paesi sudamericani.
“Marinuzzi direttore del Conservatorio di Bologna, dal 1915 al 1918”
Tornato in Italia, gli si aprirono finalmente le porte della Scala, dove, tra il 1914 ed il 1915 ebbe modo di dirigere, con vivo successo, non solo l’arduo “Oro del Reno” wagneriano, ma anche di proporre in prima assoluta due opere: “Notte di leggenda” di Alberto Franchetti e “Fedra” di Ildebrando Pizzetti, alla quale resterà particolarmente legato nel corso della sua carriera.
Negli anni della prima guerra mondiale, Marinuzzi accettò di assumere la direzione del Conservatorio di Bologna, lasciata vacante da Ferruccio Busoni.
Lo fece dopo molte esitazioni ma assolvendo ugualmente il suo compito con passione e competenza.
“Gino e Anna Marinuzzi con i figli Antonio, Lia e Gino Jr. in partenza sul "Giulio Cesare" per il Sudamerica, 1918”
Il suo ritorno alla direzione d’orchestra lo vide, nel 1918, nuovamente impegnato in Sudamerica; al Colon di Buenos Aires, ebbe modo, tra l’altro di presentare in prima assoluta, destando grandissimo interesse e approvazione, la sua opera “Jacquerie”, fondamentale testimonianza di come Marinuzzi riuscisse a conciliare la massacrante attività direttoriale con quella creativa.
Tra il 1919 e il 1921 Marinuzzi trionfò negli Stati Uniti e lì incise i primi dischi. Applaudito al Metropolitan di New York e in altre città anche come compositore, nel 1920 accettò l’incarico di direttore dell’Opera di Chicago che lasciò nel marzo del 1921.
Ottenuta la Direzione Stabile per tre anni al nuovo Teatro Reale dell’Opera di
Roma, Marinuzzi vi diresse, tra l’altro un’importante edizione del “Nerone” di Boito (febbraio 1928), nonché la prima assoluta delle contestate “Sette canzoni” di Gianfrancesco Malipiero (1929).
Un avvenimento importante nella vita del musicista siciliano fu poi la prima rappresentazione assoluta alla Scala della sua nuova opera “Palla de’ Mozzi” sotto la direzione dell’autore (1932) e riproposto con altrettanto successo anche all’Opera di Roma nel 1942.
Rifiutata una scrittura al Metropolitan, Marinuzzi preferì alternare tournées all’estero con una fervida attività nei teatri e nelle istituzioni concertistiche del nostro Paese (Marinuzzi fu un convinto propugnatore della musica sinfonica e diresse molte pagine contemporanee in prima assoluta).
“Nel 1935 Gino Marinuzzi tornò a lavorare alla Scala di Milano ”
Nel 1935 avviene il ritorno alla Scala, con la ripresa de “La Fiamma” di Ottorino Respighi. Rimarrà a lungo nel “tempio della lirica”; nel decennio scaligero diresse anche in altri teatri italiani, tra i quali si ricordano il Teatro Verdi di Trieste (Otello, Don Pasquale), il Teatro Comunale di Firenze, il Teatro Civico di Bolzano, il Teatro dell'Opera di Roma (Turandot, La donna senz'ombra di Richard Strauss), il Teatro La Fenice di Venezia. In quegli anni lavorò anche in Germania dove diresse al Nationaltheater di Monaco “La Bohème” e “Tannhäuser”; numerose furono le sue tournée che ottennero ovunque enorme successo. Nell’autunno del 1936 fu applaudito da Richard Strauss che lo considerò uno dei suoi migliori interpreti.
Negli anni della seconda guerra mondiale l’attività di Marinuzzi prosegue principalmente in Italia ma anche all’estero (con una tournèe in Germania alla guida dell’Orchestra del Maggio Musicale Forentino): Marinuzzi inoltre è presente sul podio della Scala, dove presenta la prima italiana della cantata “Carmina Burana” di Carl Orff.
“Due intense espressioni del maestro durante un concerto”
Il 21 aprile 1945, in quei tragici sconvolgenti giorni che segnano la fine dell’atroce conflitto mondiale, (durante il quale suo figlio Gino jr. fu internato in un campo di prigionia tedesco) al Teatro Lirico di Milano, Gino Marinuzzi offre ad un pubblico entusiasta il suo testamento di sommo direttore con una splendida esecuzione del “Don Giovanni” di Mozart.
Gino Marinuzzi morì a Milano
il 17 agosto 1945 colto da una crisi epatica che lo stroncò nel giro di tre giorni. Fu sepolto a San Remo sua città prediletta.
Nel 1952 il Teatro Massimo di Palermo lo commemorò con le sue musiche, mentre per il centenario della nascita il Teatro alla Scala allestì una mostra cui è seguita la pubblicazione di preziosi materiali.
A San Remo, in sua memoria fu istituita una Rassegna per giovani direttori.